Pensieri mattutini

Da sempre.
Si può dire che noi siamo da sempre. Quando tutto il tempo esistente è riempito dalla presenza del mondo, il mondo è da sempre. Non proveniamo dall’eternità, intesa come un perdurante e infinito divenire passato, ma dall’Eterno, inteso come incausata presenza di essere dal “momento perfetto”, pieno e realizzato. Non so se in Dio non c’è divenire inteso come dinamica vitale, mi sembra astratto negare questa eventualità. Il nostro divenire, come la nostra materialità, deve avere in Dio un archetipo migliorato. Tuttavia il divenire eventuale di Dio non può che esere realizzato, pieno, perfetto. Non un processo in cui prima è meno di dopo, come se Dio in qualcosa crescesse. Un Dio che cresce ha nel Dio futuro un antagonista in qualche modo esterno. Ma fuori di Dio è immaginabile qualcosa? Se così fosse il Dio “attuale” sarebbe un Dio bambino, un meno Dio, infine un non Dio. E questo all’infinito, in quanto il processo non termina mai, perciò Dio è non Dio. L’unica divinità possibile deve perciò essere perfetta in ogni “momento” del processo.

Egli è tutto, sempre e per sempre. La sua eternità è un gioco strano, in cui diviene ma è già un tutto, sia “prima che dopo”. È in grado tuttavia di creare un vero divenire, dotato di successione e accrescimento. Ma a pensarci bene, l’insieme spazio-temporale del mondo è un tutt’uno già presente esso stesso in una forma completa, come una modulazione dell’intero. Le parti, che a noi paiono spezzettate in attimi e centimetri, viste con sguardo d’insieme, come da fuori o da sopra, sono modulazione dell’intero che nel suo insieme resta immutato. Ci manca però questo sguardo d’insieme che invece appartiene al creatore del tutto esistente, di tutto ciò che esiste, nelle sue complete dimensioni ed estensioni spazio temporali e di chissà quali altre dimensioni. In ciò, cioè nell’insieme a somma zero del mutevole eppure completo divenire, il mondo creato è un’immagine dell’Eterno, sempre pieno e perfetto nella sua giocosa e drammatica dinamica. (drammatica non in senso tragico, triste, sofferente, ma nel senso di azione, sorpresa, novità).

Come possa esserci novità e sorpresa non lo riesco a capire, quello che vorrei evitare è il concepire un Dio noioso, monotono, statico. Tuttavia mi rendo conto che sorpresa implica un diventare ciò che non si era, un accrescere grazie all’inaspettato, cosa che non sembra comporsi con l’essere già tutto di Dio, in ogni momento. A meno che il contenuto della sorpresa, che conduce anche alla gioia e alla meraviglia, non sia presente anche in quel processo; oppure l’infinito mutare, di sorpresa in sorpresa, non introduca una forma divina che ha nell’accrescimento non la diminuzione negativa del Dio presente, attuale, rispetto a quello futuro; ma non saprei come intenderlo in entrambi i casi, e forse proprio per questo continua ad essere Dio rispetto al mio piccolo pensiero.

Il punto di partenza comunque di queste note è il potere usare l’analogia dell’eternità per il mondo che diviene. Se è chiaro (mi sembra chiaro) che il passato diveniente non può essere infinito in quanto si creerebbe il paradosso della raggiungibilità dell’infinito (se da X, ad esempio il numero 15, non posso raggiungere l’infinito, sarà vero che dall’infinito [passato] non posso raggiungere X, cioè il numero 15), tuttavia c’è una certa verità in chi afferma una “sempiternità” (da sempre) del mondo, cioè di tutto ciò che esiste. Per ritornare all’inizio, mi sembra che un mondo tangente all’eterno non solo nel momento presente (Dio che tiene in essere, adesso, in questo momento, ciò che esiste), ma nel suo inizio temporale, che dà inizio alla storia del mondo, possa essere definito sempiterno.

La durata la posso definire limitata se confrontata con una durata rimanente o precedente, come dire che uno morto a vent’anni ha avuto una durata limitata sapendo che esistono gli ottuagenari. Ma quando tutto il tempo è riempito, quando non esiste un tempo rimanente o antecedente, quasi ci fosse un tempo “distratto” che è rimasto a letto mentre la piazza si riempiva di gente ed è arrivato ad aggiungersi agli altri successivamente, quando la piazza è riempita da tutti gli istanti possibili, non sono questi in qualche modo un tutto, un immenso, un completo sempre? L’Inizio assoluto da parte di Dio del mondo intero, dà al mondo un sempre, perchê non c’è prima per dire che non lo è, che gli manca qualcosa alla pienezza del sempre (e forse al tutto spazio). Non sarà un “da Sempre” ma un “dal Sempre”. Semper, dice l’etimo, deriva da “sa-, sam, san, insieme, una volta, che dà il senso di unità, di cosa che avviene una sola volta, cioè che non si ripete, che è ognora uguale” (etimo.it). L’Eterno unico crea un chè di somigliante.

#zambellistheory

(Fb 22-11-2018)

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