Dawkins e la donnola

Ne l’Orologiaio cieco Dawkins spiega come ci siano due tipi di selezione, quella a singoli passi e quella cumulativa. La prima produce per coincidenza casuale, e tutto in una volta, forme di notevole complessità. Usa l’immagine delle figure animali o antropomorfe che a volte riconosciamo tra le nuvole. Ma basta questo per realizzare gli esseri viventi? Egli nota che la produzione della sola emoglobina usando questo metodo sarebbe altamente improbabile: “La probabilità di imbroccare per caso l’emoglobina è pari a 1 a 10 elevato alla 190”. E l’emoglobina è solo un componente della vita.

Per evitare l’altissima improbabilità e la scarsità di tempo a disposizione per mettere in atto gli innumerevoli tentativi, spiega che la vita si evolve per selezione cumulativa. Quanto tempo ci metterebbe una scimmia a scrivere le opere di Shakespeare cliccando a caso la tastiera? Troppo. Allora ecco la trovata: gli fa scrivere solo una frase “O forse somiglia a una donnola” e programma un computer per filtrare e mantenere le lettere della “frase bersaglio”, formando così una frase pronta per il successivo tentativo casuale. In questo modo con 40-60 tentativi si raggiunge la “frase bersaglio”.

Dawkins sa bene che la sua idea di natura non ha “frasi bersaglio” quindi “evolve” il suo esempio ed elabora un software per il computer in grado di tracciare dei segni, i quali, dopo vari tentativi cumulativi, realizzano delle figure che con un certo sforzo immaginativo sono simili a insetti. Non si capisce però in cosa consisterebbe in questo esempio la “selezione naturale” e in base a cosa alcune figure sarebbero più adatte a sopravvivere… Ma a parte questo, anche qui è sempre lui che programma l’hardware: “Il succo della storia è che anche se sono stato io a programmare il computer, dicendogli con grande abbondanza di particolari che cosa dovesse fare, non sono nondimeno stato io a pianificare gli animali che si sono evoluti, e sono rimasto del tutto sorpreso quando ho visto per la prima volta i loro precursori”.

È cosa da poco equiparare l’evoluzione della vita a un’elaborazione di computer che richiede l’intelligenza di un software? Escludere un progettista divino sostituendolo con una programmazione intelligente che gli atomi non possono offrire mi sembra un autogol per la preimpostazione atea. E una natura che agisce come una mente programmatrice è un orologiaio ben poco cieco.

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